ALLE ORIGINI DELLA CROCE ROSSA INTERNAZIONALE

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Ferdinando Palasciano (Capua, 13 giugno 1815 – Napoli, 28 novembre 1891), cittadino onorario di Napoli, senatore del Regno d'Italia, chirurgo militare e autore di numerose pubblicazioni scientifiche, è diventato celebre anche come medico-umanitario, i cui princìpi hanno anticipato le idee della Croce Rossa Internazionale. In Italia è considerato ufficialmente «il precursore della Croce Rossa».

Sua moglie, la nobildonna russa Olga Pavlovna Vavilova, contribuì all’attività ricca e variegata di Palasciano. Rimasta vedova, la moglie dedicò il resto della vita alla raccolta ed alla pubblicazione delle opere del suo defunto marito, nonché alla loro diffusione attraverso la Croce Rossa Italiana, con la quale la signora Vavilova-Palasciano aveva instaurato una stretta cooperazione.

La vita dei coniugi Palasciano fu la vita di persone con alti ideali umanitari, fondata sulla tradizione cristiana e sulla cultura europea classica. Hanno espresso in modo eccellente lo spirito generale della seconda metà del XIX secolo, con le sue convinzioni sull’evoluzione del progresso degli umanità, ancora non deluse dalla prima guerra mondiale e dai regimi totalitari del XX secolo.

Ferdinando (nome completo: Fernando Antonio) Palasciano nacque nei pressi di Napoli, nella antica città di Capua il 13 giugno 1815. Suo padre proveniva dalla Puglia, dalla città di Monopoli, e si trasferì in Campania per interessi professionali. A causa degli studi Ferdinando si trasferì da Capua a Napoli, allora capitale del Regno delle Due Sicilie, dove conseguì la laurea in tre specialità: prima come filologo, che indubbiamente ha influenzato i suoi vasti interessi umanistici, poi come veterinario e, infine, nel 1840, come chirurgo.

Il giovane medico trovò lavoro a Napoli, come medico nell’ospedale statale, aprì un proprio studio medico e tenne anche dei corsi di medicina. Nel 1848 fu arruolato nel Regio Esercito come medico militare e immediatamente inviato sul teatro di guerra in Sicilia preda dei movimenti rivoluzionari del tempo, «La Primavera delle Nazioni». L’esercito borbonico in Sicilia, sotto il comando del famoso generale Carlo Filangieri, sconfisse i ribelli; durante ciò si verificò un episodio che diventò fatale non solo per lo stesso Palasciano, ma anche per lo sviluppo umanitario europeo.

Il medico militare, anche durante i combattimenti, con fervore iniziò a curare i soldati catturati sul fronte nemico. Ad un rigoroso divieto del generale Filangieri, lui rispose con una frase, che in seguito divenne famosa: «Il mio dovere di medico è superiore al dovere di soldato». Palasciano venne arrestato e in base alla legge marziale doveva essere condannato a morte, però, intervenne il re Ferdinando II, che conosceva personalmente il medico, e la condanna a morte venne commutata in un anno di carcere. Dopo aver prestato servizio a termine in Calabria ed essere tornato a Napoli, Palasciano visse momenti difficili: venne sottoposto a sorveglianza della polizia, i suoi corsi di medicina furono chiusi, l’attività fu fortemente limitata. Indubbiamente, allora si sono formate le opinioni politiche di Palasciano del rifiuto totale della monarchia borbonica e il sostegno del Risorgimento, il movimento per l'Unità d'Italia. Probabilmente, allora Ferdinando Palasciano aderì alla loggia massonica (una delle attuali logge massoniche italiane porta il suo nome).

L'atteggiamento patriottico del giovane medico venne notato dai leader settentrionali del Risorgimento e, quando nel 1860 le truppe garibaldine giunsero a Napoli, Palasciano potè finalmente far uso del proprio talento e delle proprie conoscenze. Il governo garibaldino del Sud Italia lo nominò direttore di uno degli ospedali napoletani, poi gli affidò la riorganizzazione dei servizi sanitari locali. Probabilmente, su proposta di Garibaldi, nel 1861 ricevette dalle mani del Re unificatore Vittorio Emanuele II il più alto riconoscimento del Regno d'Italia (ex di Savoia), l'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

Nel 1862 Palasciano prese parte a curare Garibaldi dopo che questi fu ferito nella battaglia di Aspromonte. E' stato un triste episodio della storia del Risorgimento: nella marcia dalla Calabria a Roma i garibaldini incontrarono il fuoco delle truppe piemontesi del re-unificatore, che al momento aveva scelto di non mettersi contro il Vaticano e il suo alleato la Francia. Le Camicie rosse procedettero anche all'esecuzione di alcuni prigionieri e un tribunale militare condannò il ferito Garibaldi (condanna, poi annullata).

Nel 1865, all'età di 50, Palasciano divenne titolare della cattedra di chirurgia presso l'Università di Napoli.

Il medico napoletano ha visitato più volte l'eroe ed esaminò la sua ferita, trovando la posizione dove il proiettile si era conficcato: tra Garibaldi e Palasciano si instaurarono relazioni amichevoli e di pluriennale corrispondenza. Si noti, tuttavia, che la sua consulenza medica - di operare urgentemente la ferita per l'estrazione del proiettile e perfino di amputare la gamba - non venne presa in considerazione, anche a causa della posizione contraria N. I. Pirogov. Il grande chirurgo russo, il quale al tempo della guerra di Crimea, aveva avuto la possibilità di studiare l'impatto delle armi da fuoco piemontesi sul corpo umano, sostenne che il proiettile lascia da solo la carne attraversata, ciò che è accaduto qualche settimana più tardi. La guarigione del ferito Garibaldi ha ricevuto una risonanza europea e Palasciano ha scritto un saggio speciale sulla sua esperienza, dal titolo «Un proiettile nella ferita del generale Garibaldi».

Ben presto è iniziata la fortunata carriera politica di Palasciano: nel 1867 venne eletto al Parlamento nazionale - quando la capitale dell'Italia unita era ancora a Firenze, in attesa della definitiva caduta della Roma papale. Complessivamente, è stato eletto per tre mandati consecutivi e nel 1876 venne insignito del titolo di senatore onorario del Regno d'Italia. Allo stesso tempo, venne nominato come consigliere e assessore del Comune di Napoli.

Tuttavia, la posizione intransigente di Palasciano nel campo della tutela della salute e il suo carattere forte spesso provocò attriti e conflitti con i colleghi, in particolare dell'Università di Napoli. Comunque la sua attività di professore continuò non per molto: si dimise in segno di protesta contro una serie di decisioni dei medici universitari.

Gli ultimi anni di vita di Ferdinando Palasciano furono offuscati da una grave malattia: a mente lucida non era in grado di interagire con gli altri, secondo la descrizione si trattava del morbo di Alzheimer, allora non ancora chiamato così. Nel 1888, pochi anni prima della sua morte Palasciano, sua moglie per potersi occupare dei vari interessi, comprese le pubblicazioni dei manoscritti del marito, ha dovuto far dichiarare giudizialmente il marito Ferdinando incapace di intendere e di volere.

Per quanto riguarda le idee umanitarie di Palasciano, dopo l'episodio sopra narrato per quanto affermato in Sicilia nel 1848, per il quale per poco non ha pagato con la vita, il medico poté realizzarle dopo la caduta dei Borboni di Napoli (1860) e dopo la sua inclusione a pieno titolo nella vita politica e pubblica della nazione unita. Già nel 1861 ha fatto un brillante discorso all'Accademia napoletana «Pontaniana» con un appello non solo a migliorare le cure mediche delle truppe, ma anche «applicare ai belligeranti feriti o malati di parte opposta il principio di neutralità per tutta la durata della loro cura». Palasciano tradusse il discorso in francese e lo inviò alle autorità interessate di diversi paesi, tra cui Svizzera e Francia.

Olga Pavlovna riassunse come segue: «L'idea di neutralità proposta dinanzi al Generale Filangieri nel 1848, respinta dal regno dei Borboni sotto la minaccia della pena di morte, poté di nuovo essere ripresa soltanto dopo il 1861, quando con la liberazione dell'Italia ci fu la libertà di pensiero e di parola. Questa idea è diventata la guida per la formazione dell'istituzione, che ora è chiamato Croce Rossa».

Si noti che ufficialmente lo svizzero Henri Dunant é giustamente considerato il padre fondatore della Croce Rossa, testimone della battaglia di Solferino (1859) tra Piemonte e le truppe austriache. Il libro da lui pubblicato nel 1862 a Ginevra «Ricordi di Solferino» ha prodotto una larga eco in Europa e già nell’anno successivo in Svizzera si è tenuta una conferenza internazionale umanitaria che si è conclusa con la creazione della «Croce Rossa» e la firma nel 1864 di una Convenzione. Alla organizzazione della conferenza di Ginevra partecipò Palasciano, ma lui personalmente alla conferenza non vi ha partecipato.

Il medico-umanitario prese parte attiva al processo di creazione della «Croce Rossa Italiana» fondata nello stesso anno 1864 e il resto della sua vita è stata dedicata a questo scopo, anche in ambito europeo.

La priorità di Palasciano, almeno, come propugnatore dell'idea di «Croce Rossa» è stata difesa con particolare zelo dalla sua vedova, la quale ha pubblicato dopo la morte del marito un certo numero di libri di medicina e di saggistica, con le prefazioni scritte da lei. Tra questi un posto importante è occupato dallo studio su Gaetano Mazzoni (1895), iniziata da Olga Pavlova e dedicata alla proposta di Palasciano riguardo lo status di neutralità dei feriti.

Lei ha seguito con attenzione la corretta rappresentazione della storia della Croce Rossa nella sua patria, la Russia. Quando il noto professore di medicina di Mosca I. F. Oghniov espose al pubblico russo l’attività della Croce Rossa Internazionale senza menzionare il nome di F. Palasciano, Olga Pavlovna pubblicò (in francese) una lettera aperta dal titolo eloquente «Per amor del vero: riguardo la Croce Rossa». Ha allegato l’intero testo in francese del discorso fondamentale di Palasciano sulla neutralità dei feriti, pronunciato all’Accademia napoletana «Pontaniana» il 28 aprile 1861.

Olga Pavlovna teneva continuamente informato il marito sulle novità nel campo della tutela della salute in Russia. Palasciano pose particolare attenzione all’avanzata esperienza dell’«ospedale per i poveri» Golitsyn, che fu aperto a Mosca all'inizio del XIX secolo secondo la volontà del principe Dmitry Mikhailovich Golitsyn. Nel suo articolo dedicato all’ospedale russo, egli cita il suo status notevole: curare gratuitamente «i russi e gli stranieri di ogni sesso, grado, religione e nazionalità». La fonte principale di questo articolo di Palasciano è stato il libro di Ivan Ivanovich Seydeler «L’ospedale Golitsyn di Mosca nella lista degli ospedali europei» (Wiley, 1865), tramite il quale, senza dubbio, conobbe Olga Pavlovna: Palasciano cita abbondantemente la monografia con delle note, sia nella edizione russa che nella traduzione in francese. Parlando della accoglienza entusiasta del libro nell’Associazione dei Chirurghi parigini (il famoso chirurgo Leon Lefort ebbe a dire: «Questo è un esempio del liberalismo, che la Russia dà all’Europa»), Palasciano patriota non ha mancato di dire ai lettori che «l'ospedale per i poveri» in Italia già c’era fin dal Rinascimento.

Palasciano diede grande valore al messaggio del governo russo (ottobre 1868) inviato ai Paesi europei, alla vigilia dell’adozione della dichiarazione di San Pietroburgo del 1868, che aveva lo scopo di civilizzare le condotte di guerra. Soprattutto analizzò dettagliatamente tre paragrafi del messaggio che lo interessavano, il 5, 6 e 7, che si occupavano di questioni umanitarie - il rispetto della Convenzione di Ginevra (la Russia ha aderito nel 1867) e la proposta immediata di estendere il campo di applicazione alla guerra in mare («La neutralità dei mezzi di trasporto di salvataggio» ecc.). Palasciano fortemente sottolineò la necessità di tale estensione, ma tale proposta non fu condivisa da alcuni paesi.

Probabilmente, con l’aiuto di Olga Pavlovna, Ferdinando, parlando in chiave moderna, monitorò la medicina russa, utilizzando le ultime novità per i suoi saggi e le sue pubblicazioni scientifiche. Così in un suo ampio articolo ove sosteneva il vantaggio dell’etere per l’anestesia al posto del cloroformio, raccontò ai suoi lettori della morte avvenuta ad Odessa della signora Frankel durante l'intervento chirurgico di N. I. Pirogov.

Con l’aiuto della moglie, il medico seguì attentamente gli aspetti umanitari della guerra russo-turca del 1877-1878, principalmente riguardo alla medicina militare e al trattamento dei prigionieri di guerra. Pur evidenziando i meriti professionali dei medici russi e in generale il rapporto umano dei russi verso i prigionieri turchi, Palasciano evidenziò gravi carenze in Russia e un altro tasso di mortalità tra i feriti e prigionieri.

Storia a parte merita la straordinaria dimora dei coniugi Palasciano. Situato sulla collina di Capodimonte, era perfettamente visibile dai diversi punti di Napoli ed è ricordato per la sua alta torre, che è una copia più piccola della Torre del Municipio di Firenze (Palazzo Vecchio). Ugualmente, la scelta stilistica dell’abitazione sottolineava le loro aspirazioni per l'Italia unita e valori nazionali. I lavori per la costruzione del palazzo - in città venne chiamata «Torre Palasciano» - cominciarono, su progetto dell'architetto Antonio Cipolla, nel 1867 e terminarono nel 1868, quando Firenze era la capitale del Regno unito d'Italia (poi trasferita a Roma nel 1871). A Palazzo Vecchio venne costituito il nuovo Parlamento del paese, del quale Palasciano venne eletto membro. Così Palasciano, anche in forma visibile, volle esprimere la propria adesione al Risorgimento e la propria partecipazione politica alla costruzione dello stato italiano. Intorno a questa torre-simbolo si sono create leggende metropolitane: i cittadini locali sostenevano che Olga Pavlovna abbia voluto una torre così alta perchè, preoccupata per il marito che tornava a casa a tarda notte, lo potesse avvistare per le stradine della collina di Capodimonte (quartiere noto per i ladri).

La vedova commissionò agli importanti scultori napoletani Onofrio Puccini e Tommaso Solari una scultura in marmo del marito, raffigurante lui seduto su una poltrona con un libro. Il busto di Palasciano venne collocato nel 1895 all’interno dell'Università di Napoli, a nome del Comitato regionale della Croce Rossa. In quell’occasione, Olga Pavlovna pubblicò un opuscolo speciale. Ma il vero monumento venne eretto nel cimitero principale della città di Napoli, a Poggioreale, nella piazzetta dei personaggi famosi. Riguardo la statua della lapide, di un medico seduto posizionato su un piedistallo sorprendentemente alto c'è un'altra leggenda: cioè, che è stato fatto per volere della vedova, che voleva vedere la tomba del marito della finestra di casa sua, dalla collina vicina. Nella parte inferiore del piedistallo vi è inciso un monogramma di Olga Vavilova, in latino: O.W., e l'antico motto «QUOD DEUS CONIUNXIT HOMO NON SEPARET» (Ciò che Dio ha unito, l'uomo non separi).

La vedova donò la biblioteca professionale del marito e gli strumenti chirurgici alla sua città natale, Capua, ed oggi sono parte del Museo Campano.

Va notato che Olga Pavlovna era impegnata non solo a perpetuare la memoria del marito, ma ha contribuito attivamente alla formazione della Croce Rossa Italiana ed anche nella promozione di ideali umanitari.

Informazioni su Olga per il momento sono poche: la coppia non aveva figli, e quindi prole che fosse la memoria di famiglia. E’ impossibile stabilire le date esatte di quando sia nata (forse, tra il 1830-1840) e trovare la sua tomba, stranamente non fu sepolta accanto al marito (forse a causa del fatto che Ferdinando Palasciano sepolto nella zona dei personaggi famosi, che hanno uno status speciale). Non si sa quando e in quali circostanze si siano incontrati i futuri sposi, è certo non è stato in Russia, in quanto Palasciano non v'è mai andato (non partecipò alla guerra di Crimea, perché allora era un suddito del Regno di Napoli, il quale aveva rifiutato di combattere contro la Russia, nonostante la pressione delle potenze europee). Probabilmente, l’incontro dei futuri sposi è avvenuto a Napoli, a cavallo tra il 1850-1860, quando dopo la guerra di Crimea e il ripristino delle relazioni diplomatiche con gli stati italiani ai russi fu nuovamente concesso di visitare la penisola appennina. I discendenti di Palasciano in linea laterale raccontano che la leggenda di famiglia narra che una giovane viaggiatrice russa a Napoli cercava un medico perché si era fatta male al ginocchio.

A metà del 1860 Ferdinando Palasciano già iniziò la costruzione della sua «torre» fiorentina per la vita matrimoniale con Olga Pavlovna.

In Italia, si iniziò a scrivere il cognome Vavilova in Wavilov, ponendo prima del cognome il prefisso «de», che indica la discendenza nobile. Già dopo la sua morte, spesso in diverse pubblicazioni cominciò ad attribuirsi ingiustamente ad Olga Pavlovna il titolo di «contessa»: gli italiani stranamente hanno un feeling con gli aristocratici che non avevano titoli - per cui si inventarono immaginari principi, baroni e conti russi.

Il padre di Olga Vavilova-Palasciano, Pavel Ivanovic Vavilov, era un nobiluomo della provincia di Kherson, un capitano di II grado in pensione; la madre Ekaterina Osipovna Burachkova, era figlia di un consigliere di corte. E’ noto che Olga aveva due sorelle: Caterina (1836-?) e Anna (1839-1896). L’ultima ha sposato Nikolai Petrovich Rennenkampf, anche lui nobiluomo della provincia di Kherson. I bambini nati da questa unione sono considerati i parenti più stretti di Ferdinando Palasciano nella sua scheda ufficiale di senatore, nel paragrafo dedicato ai parenti sono indicati Natalya e Mikhail Rennenkampf, nipoti di Olga Vavilova.

Olga Vavilova era imparentata con la famiglia di nobili Rostkowskiy: la madre del console russo Arcadiy Nikolay Rostkowskiy (1860-1903), era sua cugina, da parte della famiglia Burachkov. Alexander Rostovkiy e sua moglie, Caterina, nata dal Principe Dabizhiy, prima della sua morte nei Balcani, è stato più volte ospite nella «Torre Palasciano»: alla fine del XIX secolo fu console russo nel sud Italia, a Brindisi, e spesso si recava a Napoli. Quando Ekaterina Rostkowskaya nei primi mesi del 1923 emigrò a Napoli, naturalmente fece la sua prima tappa a casa Palasciano.
Indubbiamente, in Russia si dovrebbe ricordare Olga Pavlovna Vavilova-Palasciano, come pure il suo passato, ma la frattura tra l'Europa occidentale e la Russia sovietica non è stato di aiuto, in quanto ha prevalso nella sua patria l’ideologia della rivoluzione mondiale, la lotta di classe e la negazione dell’umanesimo «borghese».






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